Per Tessa La figlia sbagliata appartiene al genere “manuale del cattivo genitore”. Qui la bella recensione.
Buonasera Lettori, oggi vi parlo di un romanzo molto particolare, che mi ha colpita come un pugno nello stomaco. Si tratta de La figlia sbagliata di Raffaella Romagnolo, un libro amaro, che parla di famiglia, di rimpianti e rimorsi e dell’incapacità di accogliere e accudire gli altri semplicemente per quello che sono.
Una storia tosta, già lo avevo capito dalla bellissima recensione di Mr. Ink. Diario di una dipendenza (potete leggerla qui) , che mi ha convinto a comprare e leggere il libro subito; ma per quanto fossi “preparata”, non ero pronta al vortice di follia e amore malato che la Romagnolo mette, letteralmente, in scena nelle pagine del suo romanzo.
L’inizio è potente. Immaginate un appartamento borghese, in una provincia qualunque del nostro paese. L’atmosfera vagamente dimessa, stanze e mobili che hanno visto tempi migliori: Ines Banchero la conosciamo lì, nel suo ambiente naturale, la casa dove per gran parte della sua esistenza ha fatto la moglie e la madre. Ha il viso sciupato, Ines, i vestiti da casa, i capelli non troppo in ordine, sta rassettando la cucina, un gesto abituale, di una routine che si trascina ininterrotta da più di quarant’anni. E nella stanza in fianco, senza nemmeno un gemito, silenziosamente come è vissuto, il marito Pietro Polizzi muore, stroncato da un infarto.
Passano le ore, i giorni: niente ambulanza, medici, gemiti e lutto, niente di quello che ci aspettiamo. La morte di Pietro porta con sé il tempo dei bilanci di una vita, si chiude un’epoca, e Ines deve prepararsi a fronteggiare i ricordi, i rimpianti, i dolori: è ora di aprire gli armadi e tirare fuori gli scheletri.
Il silenzio diventa assordante, mentre Pietro Polizzi diventa rigido sulla sedia del salotto.
Era una bella ragazza Ines, capelli lucidi e curati, un talento per il disegno, forza di volontà da vendere e un’ambizione comune a molte donne della sua epoca: un marito, dei figli, un appartamento dignitoso. Riposti sogni e disegni nel cassetto, sposa Pietro, camionista silenzioso, che le promette stabilità borghese, ma soprattutto le lascia carta bianca nella gestione della casa e dei figli che verranno. Vittorio e Riccarda, il figlio maschio perfetto, la femmina sbagliata, a partire dal nome di battesimo. Lui, accudito amorevolmente e portato ad esempio, talento sportivo, studente brillante, un impiego come ingegnere che gli permette di stare vicino ai genitori; lei, mai all’altezza delle aspettative materne, imbronciata, solitaria, con una disdicevole passione per il teatro che la porta presto lontano. Riccarda, una piccola macchia nella trama linda di una famiglia all’apparenza quasi perfetta. Ma gli armadi sono aperti, ormai, e gli scheletri sono ingombranti, l’appartamento parla, racconta, sono le voci dei figli, di Vittorio e Riccarda, prima bambini e poi giovani adulti. E ci raccontano una storia ben diversa.
Ecco, la famiglia quasi perfetta si sgretola pagina dopo pagina, fino a diventare un guscio vuoto. Una spirale di amore soffocante, asfissiante, nocivo quanto il silenzio pavido di chi preferisce fare finta di non vedere. Un cordone ombelicale che nutre i figli di sensi di colpa e di inadeguatezza, che strangola i talenti, i sogni e le ambizioni personali.
Raffaella Romagnolo in 170 pagine racconta, con abili e precise pennellate, una triste storia di infelicità famigliare. L’impianto è teatrale, la narrazione, dallo stile veloce e nervoso (fin troppo, per i miei gusti), in costante bilico tra realtà e follia, tra la versione di Ines e quella di Pietro, Vittorio e Riccarda, che si mescolano, si susseguono e contraddicono vicendevolmente in un un crescendo drammatico, fino all’epilogo.
La figlia sbagliata è un romanzo coraggioso e crudele, con personaggi irrimediabilmente “sbagliati”, una storia a tratti angosciante, ma che non si può semplicemente abbandonare, mettere da parte. Ti entra dentro, assieme alla consapevolezza che di famiglie come quella di Ines e Pietro ce ne sono tante. Il mondo è pieno di madri ansiose e assillanti, di padri sottomessi che scelgono il quieto vivere, di figli più amati e più “bravi” dei fratelli.
È che a volte la buona volontà e le migliori intenzioni non bastano. E forse nemmeno l’amore, se non ti insegna a volare da solo.
Grazie per il suo libro! Adesso lo leggo, e’ molto interessante, e mi piace il suo style della scrittura.:)