L’amatissima Liguria si appresta a diventare “Zona bianca” e io ho scritto questo piccolo contributo apparso sul quotidiano Il secolo XIX il 6 giugno 2021, con il titolo “Se la giovinezza ignora il Covid sulla carrozza del Regionale”.
Sabato pomeriggio, giorni fa. A Genova Principe salgo sul Regionale delle 15:10, diretta a Chiavari. Multipiano. Carrozza a destra stracolma, tento in quella superiore, diversi cartelli indicano i posti da lasciare liberi, a me sembra comunque pienissima, allora torno dabbasso, accanto alle porte scorrevoli. Il posto più aerato. Il dispenser di Amuchina. Mi disinfetto. Controllo sul cellulare le fermate da qui a Chiavari. Quindici. In piedi per quindici fermate?
Punto la carrozza a sinistra. Intravedo un finestrino aperto. Bene. Un tizio si prepara a scendere. Occupa uno di quei sedili tipo autobus, nessuno dirimpetto, niente ginocchia altrui, divieto sul sedile a fianco. Molto bene. Faccio passare il tizio, guadagno il suo posto e giro lo sguardo intorno. Misuro tre, quattro metri da me e conto: un paio di ragazze sui sedili davanti (lo schienale mi protegge), due ragazzi (vicino al finestrino aperto), una signora rannicchiata in un angolo, mascherina e comunque lontana. Allora schiaccio sul naso la stanghetta metallica della mia FFP2 e finalmente mi siedo. Poi arrivano loro.
Salgono a gruppetti, una dozzina in tre fermate. Auricolari, brufoli, bermuda i maschi, pancia nuda le femmine, scarpe da ginnastica tutti, e tutti in bilico sulla maggiore età. Potrebbero essere miei studenti. Mascherine lasche e cellulari in mano. È un frinire di whatsapp, si sono dati appuntamento, tenuti il posto, occupano i sedili di fronte a me. Tutti i sedili.
Zona gialla? Zona bianca? Zona franca penso scocciata. I ragazzi fanno fatica, si sa. Li vedo appena varcati i cancelli della scuola. Li sento ridere adesso, attraverso lo spazio tra i sedili mi arriva intera la sfrontatezza dell’età. Noi si va al mare e chissenefrega. L’estate che spinge. Ormoni e sentimento. Nella mascherina calata a mezza bocca indovino la sfida alle regole che, nella prima giovinezza, è la regola. Io? Io sono a disagio.
È la prima volta che mi succede da quando insegno. Grazie Covid, bel regalo mi hai fatto. Lo concentro, il disagio, in occhiatacce. Non mi vedono, lo schienale li protegge. Possibile che non passi un controllore? Un pubblico ufficiale che prenda di petto la questione e ci difenda da tutta questa… giovinezza? Mi alzo e mi rifugio accanto al dispenser di Amuchina. Mi disinfetto di nuovo. Loro continuano a passarsi cose, le teste affiancate sulle stories di Instagram. Sarà così la nostra zona bianca? La nostra estate? (Di noi vecchi, intendo). Tutto un “noi” contro “loro”? “Noi” contro “loro” è l’origine della guerra, insegno a scuola. Controllori, intanto, neanche l’ombra.
Sto pensando se prenderla di petto io, la questione (ragazzi adesso basta, le regole, il rispetto, la tiritera da cattedra insomma) quando trilla l’ennesimo whatsapp ma questa volta è per me. La mia amica Paola. Ci siamo viste la settimana scorsa, abbiamo contato i mesi dalla volta precedente. Quindici, come le fermate tra Genova Principe e Chiavari. E ci siamo abbracciate. Mascherate, allontanando i visi, ma strette. E mentre “loro” continuano a smanacciarsi, ricapitolo i miei abbracci più recenti, Alessandro, Stefano, Patrizia, Bruno, Arianna, e la tiritera da cattedra me la ingoio all’istante. Rimango in piedi a guardarli mentre, fermata dopo fermata, ridono e si avvicinano, impercettibilmente, inesorabilmente, una ragazza addirittura sul bracciolo, tipo gita scolastica, un ragazzo che le fissa la schiena mezza nuda, incantato. La giovinezza è un rischio dolcissimo.
Sbagliano? Certo. Ho sbagliato ad abbracciare la mia amica Paola? Sicuro. Errore umanissimo, ma sempre errore. Il virus colpisce dove siamo più umani, in quella che Leopardi chiamava la “social catena”, la nostra capacità di tenerci per mano dinnanzi all’orrore. Dunque? Che fare? Li guardo ancora, unghie pittate, magliette slabbrate. A ‘sto giro, risposte facili non ne ho, ragazzi. Dar retta a Leopardi, credo. Vaccinarsi, anche. E farlo tutti. Adesso si può. Tutti insieme.
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