La prima volta che sono stata a Palazzo Monferrato era l’estate del 1996. Non si chiamava Palazzo Monferrato, ma Camera di Commercio di Alessandria.
Era il mio primo lavoro e certe mattine mio padre, panettiere, mi telefonava. Non aveva niente di speciale da dirmi, però smetteva di impastare, smetteva di infornare, raggiungeva l’apparecchio a muro che stava nel retrobottega, cercava il numero sulla guida telefonica e si concedeva la soddisfazione di chiedere alla centralinista della “dottoressa” Romagnolo. Nella sua esperienza, la Camera di Commercio era un palazzo che metteva soggezione. L’entità misteriosa a cui versare il tributo denominato “diritto annuale”. Immagino che sapermi lì, lì con uno stipendio, fosse un’emozione difficile da dire a parole. Lui che era di poche parole. Qualcosa di simile a un traguardo raggiunto.
Ieri pomeriggio, nel grande salone di Palazzo Monferrato, là dove nel 1996 c’erano, se non ricordo male, gli uffici dell’Albo Artigiani a cui la Romagnolo Ugo & C. s.n.c. risultava regolarmente iscritta, ho ricevuto il Premio Giuditta – Ricola per il mio romanzo “Di luce propria”. Sono stata – sono – molto felice per questo. Onorata. E credo che lo sarebbe stato anche papà.
