fino all’ultimo respiro

Ciò che mi commuove, pensando a «L’amore ai tempi del colera» di Gabriel Garcia Marquez, non è la forza della storia, la compattezza del risultato, l’incipit portentoso nella sua apparente lateralità, il peso del tema e la leggerezza del tocco, il nitore dei personaggi, l’immaginazione sbrigliata che li alimenta. Non è il fatto che sia un romanzo magnifico e prezioso.

Ciò che mi commuove è il fatto che Gabriel Garcia Marquez lo abbia scritto dopo l’assegnazione del Nobel, cioè dopo che il mondo gli ha finalmente detto quello che gli spettava dopo «Cent’anni di solitudine» e le altre meraviglie ambientate dalle parti di Macondo: «Sei un grande scrittore, Gabo. Sei partito da un angolo sperduto e l’hai fatto diventare casa nostra».

Ecco, quando il mondo intero gli ha messo un bell’assegno in mano, gli ha battuto una mano sulla spalla e gli ha detto: «Okay Gabo, rilassati. Ce l’hai fatta. Di più non puoi avere. Goditi la vita», Gabriel Garcia Marquez si è chiuso in casa. Magari non subito, ma via, abbastanza presto. Perchè la scrittura è un affare che si sbriga in solitudine, e se hai un’indole socievole, soffri. Insomma si è chiuso in casa, ha penato sull’incipit, ha abbozzato i personaggi, ha spremuto senza pietà cuore e cervello, è impazzito per trovare la parola giusta, il ritmo giusto, ha scritto, limato, riscritto, riscritto e alla fine noi abbiamo avuto «L’ amore ai tempi del colera».

Mi viene in mente questa cosa camminando lungo la stradina che sale dietro casa mia. Sono passati molti giorni dalla scomparsa di Gabriel Garcia Marquez, e molte piogge. Dev’essere il verde sontuoso, lavato dai temporali,  potente da stordirti, a farmi pensare ai suoi libri e a questa prodigiosa vitalità: non smettere, rinascere fino all’ultimo respiro, che è della natura e di qualche grande scrittore.

 

La mia Damasco/1

Prendo il titolo da Radio Tre, e copio l’idea un po’ da Simonetta Bitasi (che ha sua volta ha preso l’idea da Nick Hornby) e un po’ da un libraio amico di Alessandria. Tempo fa sacrificò parte considerevole delle sue due piccole vetrine, concedendone una porzione ai clienti più affezionati: ciascuno poteva allestire – a turni di una settimana – la propria bibliotechina personale, scegliendo i libri che in un modo o nell’altro erano stati decisivi. Risultato? percorsi sorprendenti, accumuli pieni di senso, liste vertiginose (da far invidia al più famoso tra gli alessandrini).

Provo allora a metter giù la mia lista di libri del cuore e del cervello, in ordine assolutamente casuale. Un’unica regola: per qualche motivo, dopo averli letti, non è stata più la stessa cosa.

De Amicis, Cuore

La mia è stata un’infanzia segnata dal Piccolo Scrivano Fiorentino. Ne ho scritto anche qui. E da grande ho cercato di liberarmi dei fantasmi dedicando a questo gran libro terribile la tesi di laurea. Ma i fantasmi sono sempre lì.

Gozzano, Tutte le poesie

Ah, che scoperta, che meraviglia, che cattiveria! Per dire certe cose, a volte, non trovo in me altre parole che le sue.

Philip Roth, Pastorale Americana

Lo so che citarlo è scontato. Ma leggere dello Svedese, del padre dello Svedese, del fratello dello Svedese è un’esperienza unica. Nella ricchissima produzione di Roth  questo libro,  da solo, vale il Nobel che non ancora non gli hanno assegnato.

De Lillo, Underworld

Perchè Don De Lillo mi ha insegnato che non bisogna aver paura di niente, neanche di scrivere un romanzo che abbracci tutto.

Dumas, Il conte di Montecristo.

Letto da grande. Non c’è Mission Impossible o altro film d’azione che regga il confronto.

Tolstoj, Guerra e Pace

Perchè mi sembra che i quelli che più mi piacciono l’abbiano studiato per benino. Penso a Mann, a Saramago e perfino a Kafka. E poi Natascia ragazzina è ancora fresca come appena uscita dalla stamperia.

Grossman Vassili, Vita e destino

Perchè non ha avuto paura di scrivere di guerra e di pace dopo Tolstoy.

Grossman David, Il libro della grammatica interiore

Per il personaggio di Edna Blum, per la sua maternità negata, e per il sogno impossibile dell’amore puro che sta sospeso in ogni pagina.

Marquez, L’amore ai tempi del colera

Perchè  un cattivo recensore, di quelli che scrivono con trecento parole,  lo definirebbe un inno alla vita. Lo è davvero.

Strout, Olive Kitteridge

Il dialogo tra Olive e Jim ‘O Casey, l’amore impossibile tra i due, vale il libro. Sta nella categoria, per me, dell’ invidia pura.

Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo

Il capitolo sulla morte del Principe di Salina, soprattutto, e poi l’immagine della pelle di Bendicò che plana nell’aria. Da brivido. Anche pensando alla cecità degli editori che lo rifiutarono.

Fruttero & Lucentini, La donna della domenica

E’ un libro semplice. Nel senso migliore del termine. Ho deciso di provare a scrivere solo dopo averlo letto. Più decisivo di così…

Fenoglio, Una questione privata.

Perchè mi ha insegnato che, nella vita e nella buona letteratura, è sempre una questione privata.

Saramago, La caverna

Scelgo La Caverna ma vale tutto Saramago.  Mi piace quando è lirico, quando è narrativo, quando è sapienziale e quando è filosofico. E quando riesce ad essere tutte le cose insieme.

Richler, La versione di Barney

Perchè mentre leggevo pregavo che non finisse mai. E non capita mica spesso.

Maggiani, La regina disadorna

Leggendolo capito che un libro imperfetto può essere comunque straordinariamente bello.

Celine, Morte a credito

Mi ha stupito e addolorato. E’ una di quelle letture da cui, come direbbe Marinetti, scopri che siamo solo «carne piangente».

Busi, Seminario sulla gioventù

Perchè per me Busi è un po’ il Celine italiano.

Cunningham, Le ore

Mi ha fatto scoprire che per la buona letteratura ogni oggetto è buono. Persino altra letteratura.

Mc Carthy, La strada

Perchè dopo averlo letto ho capito che i fiumi di parole sulla letteratura di genere sono solo chiacchiere senza senso.

Agota Kristoff, Trilogia della città di K

Non ricordo il motivo, ma è uno dei pochi libri che ho letto veramente indimenticabili.

Calvino, Lezioni Americane

Per la lezione sulla molteplicità, che certi giorni mi sembra davvero un viatico.

….segue